Il Resto del Carlino
13 ottobre 2015
di Cesare Cremonini
A volte ritornano. Potrebbe essere questo il titolo giusto per la prima pagina di un giornale scolastico. In questi giorni terribili per gli alunni il governo ha reinserito gli esami di riparazione, quelli che il ‘Berlusconi insegnante’ per intenderci aveva ucciso parlando di ‘innovazione’. E gli studenti tutti giù in piazza a manifestare, okkupare, disobbedire. La stessa cosa accadeva dieci anni fa, quando frequentavo la quarta superiore al liceo Sabin. Gli argomenti erano gli stessi. Il costo dei libri, le risorse, i finanziamenti, il no ai tagli, il no ai presidi-padroni, il no alla scuola azienda. Giusto manifestare allora, e giusto farlo oggi. Giorgio Gaber diceva che ‘libertà è partecipazione’, e allora partecipiamo. La politica italiana in dieci anni ha smantellato la scuola, manco fosse un puzzle, svendendo l’anima degli studenti, ma anche i loro diplomi e le loro lauree. C’è un equivoco di fondo però. Nessuno degli alunni che oggi grida al tradimento per il ripristino degli esami di riparazione può permettersi di fare un paragone tra l’incubo del passato e la ‘pacchia’ del presente. Essere rimandati a settembre, come sanno in tanti, voleva dire correre il rischio di essere umiliati davanti a tutta la scuola, passare per somari e trascorrere l’estate sui libri, tra i desolati portici bolognesi di agosto, con gli amici quasi tutti al mare. Era terribile, ma voleva dire anche impegnarsi perché questo non accadesse. La mia schiena ne sa qualcosa! L’ultimo anno in cui furono in vigore quei maledetti esami rischiavo di passare con un 5 in latino e un 4 in matematica.
Mia madre tornò dall’incontro con i professori a dir poco imbufalita. Già sognavo di fare il musicista allora, e le corde della chitarra mi appassionavano ben più di qualsiasi versione di Catullo. La mia dolce mammina ebbe la stravagante idea di irrompere nella mia camera con la faccia severa, rompendomi la chitarra sulla schiena e minacciandomi: ‘Le vacanze te le puoi scordare’. Non feci alcun ricorso al Tar e non chiamai il Telefono azzurro. Studiai terrorizzato durante gli ultimi mesi e fui promosso senza grossi problemi. L’anno dopo gli esami di riparazione andarono in pensione, e fu chiaro a tutti che studiare con impegno non era più necessario, anche a mia madre che perse le speranze. Per non parlare dell’esame di quinta superiore, che da una prova seria ed educativa, lo so perché ho un fratello più grande, diventò una specie di esamino per bambini. Tornare indietro con la memoria è facile, ma con le leggi l’impresa è molto più ardua. Sta al governo dimostrare ora di essere in grado di riportare la scuola a quel che era. Dopo il diploma è difficile per tutti, e là fuori nessuno, mai più nessuno, ti fa sconti. Col senno di poi lo posso dire. Meglio passare un’estate sofferta, che arrivarci impreparati.